Vedi la locandina. Martedì 24 gennaio, ore 10-16, seconda assemblea nazionale dei delegati e delle delegate metalmeccaniche per il NO!
276.000 operai
metalmeccanici hanno votato a favore del contratto nazionale
sottoscritto da Fiom, Fim e Uilm. Una vittoria della democrazia e un
voto cosciente, ci dicono i nostri dirigenti. Non abbiamo dubbi: i
nostri colleghi hanno votato “sì” con coscienza. Il punto è che questa
coscienza può essere cambiata.
Non solo perché le
ragioni del “no” non sono arrivate in molte assemblee. Non solo perché
ben presto saranno chiare le conseguenze negative del contratto. Ma
anche perché da tempo veniva preparato nelle aziende il terreno perché
un simile contratto potesse essere accettato.
Prima di
sottoscrivere questo contratto con la penna, i dirigenti sindacali
l’avevano da tempo sottoscritto nella pratica. Fim e Uilm l’hanno fatto
con 8 anni di accordi separati, con la totale svendita dell’azione
sindacale sull’altare degli enti bilaterali. La Fiom l’ha sottoscritto
ogni giorno un pochino di più: non contrapponendo mai una vera strategia
alternativa a quella di Fim e Uilm, interrompendo alle Officine Bertone
la stagione di lotta contro Marchionne, abbracciando il testo unico
sulla rappresentanza, capitolando crisi aziendale dopo crisi aziendale
senza mai sviluppare un piano di lotta complessivo, con gli accordi sottoscritti all’Electrolux, in Fincantieri e così via.
276.000
metalmeccanici hanno votato in coscienza “sì” anche perché in fondo non
hanno creduto di avere un’alternativa. E questo messaggio è stato
ribadito loro in tutte le salse: “se non firmiamo questo, cosa facciamo?”
Una vera e propria iniezione di debolezza. Un bagno di sfiducia che
dopo solo 20 ore di sciopero in 12 mesi rischia di consegnare la
categoria a Federmeccanica, a Ichino, Poletti, Renzi.
68.695 metalmeccanici
hanno invece votato no. E l’hanno fatto con altrettanta coscienza.
Soprattutto dove sono stati raggiunti dalla campagna per il no. Una
campagna promossa con volantini e passaparola da delegati e lavoratori
senza alcuna riconoscimento né legittimità da parte delle strutture.
Anzi spesso duramente contrastata da esse. Hanno votato no alcune tra le
aziende sindacalmente più forti e militanti. Quelle su cui un sindacato
deve appoggiarsi se vuole dare vita a una stagione di mobilitazione.
Quelle di cui la maggioranza della Fiom dovrebbe disperarsi per aver
perso, perché non avere il loro consenso rende potenzialmente ancora più
difficile una prospettiva di mobilitazione.
Abbiamo votato no e
promosso una campagna di controinformazione coscienti di respingere non
solo un pessimo contratto, ma un intero modello di relazioni sindacali.
Se il Ccnl è passato, non passa per questo la nostra opposizione a
quanto rappresenta. Non si tratta però semplicemente di prepararsi al
prossimo congresso o referendum. Se il problema sono la pratica,
l’alternativa e i rapporti di forza, è da lì che dobbiamo ripartire.
Al tecnicismo da
amministratori e consulenti finanziari che caratterizza ormai la
stragrande maggioranza dei nostri funzionari, noi dobbiamo rispondere
con la semplicità e la freschezza di chi contrappone all’avversario di
classe le proprie ragioni di vita e di dignità. E’ l’azione della stessa
controparte a fornirci delle linee guida sommarie: aumenti salariali
come forma di spostamento della ricchezza da profitti a salario, difesa
della sicurezza e della salute sul lavoro, del diritto alla malattia,
all’assistenza familiare e della sanità pubblica, opposizione ad ogni
tentativo strisciante di ritorno al cottimo, riappropriazione del
controllo dell’organizzazione del lavoro e dell’orario, con la
riaffermazione di sabato, domeniche e festivi come giorni di riposo,
comunque mai assimilabili a lavoro ordinario, opposizione agli enti
bilaterali, alla cessione di pezzi di stato sociale direttamente nelle
mani del mondo finanziario e assicurativo, lotta al precariato e
riconquista dell’articolo 18, abbassamento dell’età pensionabile e
aumento delle pensioni, rifiuto del testo unico sulla rappresentanza.
Alla rappresentazione
delle aziende che piangono miseria, contrapponiamo la realtà dei
profitti che hanno macinato un record dopo l’altro. Alle indiscusse e
indiscutibili esigenze del mercato, contrapponiamo le imperative ragioni
della vita di milioni di lavoratori. A un apparato sindacale che pensa
di cavarsi dalle secche con quote contrattuali e con i proventi degli
enti bilaterali, contrapponiamo un modello sindacale partecipativo
guidato dalla fiducia di poter stimolare la partecipazione e
organizzazione dei lavoratori.
Questo referendum ci
consegna 69.000 ragioni per resistere e lottare. Per questo invitiamo
tutti quelli che si ritrovano in queste ragioni a discutere insieme come
farlo e con lo stesso spirito con cui abbiamo promosso l’assemblea del 6
dicembre per organizzare la campagna per il NO, diamo appuntamento a
tutte e tutti di nuovo a Firenze il 24 gennaio, a partire dalle h 10 al Dopo Lavoro Ferroviario in via Alamanni (attaccato alla stazione di Santa Maria Novella).
Matteo Moretti, Michele Di Paola, Mauro Sassi, Luciano Morelli, Giuseppe Iapicca, Massimo Barbetti (RSU FIOM GKN)
Giorgio Mauro, Andrea
Paderno, Matteo Carioli, Matteo Barbaro, Gianfranco Cannone, Roberto
Rivoltella, Gianluca Paris, Alfonso De Martino, Jury Guerini, Alberto
Vitali, Marco Fontanella, Franco Ruggeri, Luca Carlessi, Massimiliano
Finardi, Massimo Mandelli, Rocco Vizzone, Daniele Gatti (RSU FIOM Same)
Massimo Cappellini,
Antonella Bellagamba, Massimiliano Malventi, Adriana Tecce,Giorgio
Guezze, Francesco Giuntoli, Simone Di Sacco (RSU FIOM Piaggio)
Giuseppe Faillace, Giuseppe Imparato, Ciro Palmieri (RSU FIOM Motovario)
Gianplacido Ottaviano, Giuseppe Principato (RSU FIOM Bonfiglioli)
Mario Viscido, Maurizio Mazza, Giuseppe Gomini (RSU FIOM Ducati)
Silvia Cini, Giada Garzella (RSU FIOM Continental)
Serafino Biondo (RSU FIOM Fincantieri Palermo)
Stefano Fontana (FIOM Fincantieri Marghera)
Gabriele Severi, Franco Batani (RSU FIOM Marcegaglia Forlì)
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