Quando era il segretario della FIOM a sfidare l’organizzazione. La vicenda sul TU del 10 gennaio.

Nell’ultima Assemblea Generale della CGIL, martedì scorso, il segretario generale della FIOM ha concluso il suo intervento affermando il voto dei lavoratori sul nuovo CCNL dei metalmeccanici è anche merito del Testo Unico del 10 gennaio. Affermazione ripresa nelle conclusioni di Susanna Camusso che ha rimarcato esplicitamente come sia molto positivo il fatto in sé ma anche che finalmente Maurizio Landini riconosca l’importanza del Testo Unico del 10 gennaio.
All’epoca della firma dell’accordo, il giudizio della FIOM sul TU fu infatti molto duro e su quella vicenda lo stesso segretario generale sfidò apertamente l’organizzazione, tanto che Susanna Camusso avviò contro di lui una procedura di contestazione agli organismi interni.
È bene ricordare ogni tanto la storia. Non soltanto per il merito (visto che oggi la maggioranza della FIOM firma una ipotesi di accordo per il rinnovo del ccnl dei metalmeccanici che recepisce il TU) ma anche per il metodo. Si può forse cambiare idea sui contenuti di un accordo, ma è meno comprensibile come si possa cambiare idea sulle pratiche di dissenso interne all’organizzazione.
Oggi che non è più lui a non approvare una decisione presa da un livello superiore, è lo stesso segretario della FIOM a invocare quelle regole di “democrazia” interna che rendono difficile dissentire da una decisione assunta a maggioranza. Una circolare della FIOM nazionale di pochi giorni fa vieta di presentare ordini del giorno o documenti sul ccnl dei metalmeccanici nei direttivi territoriali e ricorda che i dirigenti della FIOM e le strutture sono vincolate dal voto del Comitato Centrale a sostenere nelle assemblee quanto deliberato. Fermo restando il contenuto della circolare della FIOM, ecco cosa accedeva invece tra gennaio e febbraio del 2014.
A pochi giorni dalla firma del TU da parte della CGIL, il Comitato Centrale della FIOM del 16 gennaio approvò un ordine del giorno (leggi) presentato dalla Segreteria nazionale in cui si esprimeva fermamente contro l’accordo appena firmato. Il Comitato Centrale chiese in quel documento “che la Cgil ritiri la firma al Testo unico sulla rappresentanza Confindustria, Cgil Cisl Uil e si chieda la riapertura del negoziato”.
In quello stesso Comitato Centrale, Gianni Venturi, allora schierato con Susanna Camusso contro la linea di maggioranza della FIOM, dichiarò di non partecipare al voto (leggi), considerando indisponibile al Comitato Centrale il giudizio sul TU firmato dalla CGIL: “il mancato accoglimento della richiesta di stralciare dal documento programmatico della FIOM la parte relativa al giudizio di merito sul testo unico sulla rappresentanza, in quanto materia non disponibile al Comitato Centrale stesso, non consente né di sottoscrivere il documento programmatico della FIOM, né di partecipare al voto finale del Comitato Centrale”.
Sulla stessa vicenda, la segretaria della Cgil Susanna Camusso il 22 gennaio, in pieno Congresso, arrivò a scrivere di suo pugno una lettera per chiedere al Collegio Statuario di valutare il comportamento del segretario generale della FIOM Maurizio Landini (leggi). Al centro delle polemiche erano ancora le dure critiche del segretario dei metalmeccanici per l’accordo firmato con Confindustria sulla rappresentanza e in particolare le dichiarazioni fatte da Landini nel Direttivo CGIL del 17 gennaio, quello che aveva approvato a maggioranza l’accordo del 10 gennaio.
Nel documento approvato dal Comitato Centrale il 16 gennaio, la FIOM prendeva posizione anche sulla modalità di votazione del TU, dichiarando che “è necessario prevedere una consultazione vincolante e straordinaria in cui garantire l’espressione e l’illustrazione di diverse valutazioni e giudizi”.
La stessa posizione venne ripresa dal successivo Comitato Centrale, quello del 22 febbraio 2014 (leggi). Il documento approvato ribadiva infatti che “tale consultazione, per avere un carattere vincolante, deve avvenire con trasparenti e precise regole democratiche:
• distribuzione del testo dell’accordo;
• diritto al voto alle lavoratrici ed ai lavoratori, o almeno le iscritte e gli iscritti alla Cgil, che
lavorano in aziende in cui si applicano i Contratti nazionali stipulati con Confindustria e con
federazioni di categoria ad esse aderenti, definendo il perimetro delle aziende coinvolte;
nelle assemblee devono essere presenti relatori per esplicitare i diversi giudizi e punti di vista presenti nella nostra organizzazione;
• il voto certificato e segreto deve svolgersi nell’arco di un periodo definito a conclusione dell’iter assembleare;
lo spoglio dei risultati deve avvenire contemporaneamente a conclusione delle giornate di votazione e l’esito deve essere certificato dalle singole commissioni elettorali in cui siano rappresentati tutti i punti di vista e le posizioni“.
Insomma, all’epoca la FIOM chiedeva che la consultazione sull’accordo del 10 gennaio avvenisse secondo regole democratiche semplici quanto banali: entrambe le posizioni devono essere rappresentate ai lavoratori e alla lavoratrici. I metalmeccanici e le metalmeccaniche voteranno il loro ccnl avendo invece ascoltato soltanto la posizione del SI.
Davvero, si può cambiare idea su tutto. Ma quando si invoca un principio democratico per sé e poi lo si vieta agli altri, c’è qualcosa che non torna.
In ogni modo, noi non abbiamo cambiato idea. Né nel merito del TU né nel metodo. Il sindacatoaltracosa prosegue la campagna per il NO, tentando come ci sarà possibile di informare al meglio i lavoratori e le lavoratrici.

sindacatoaltracosa FIOM

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