In Italia abbiamo avuto la peggiore contro-riforma pensionistica
d’Europa, che ha portato i lavoratori e le lavoratrici del nostro paese a
dover andare in pensione ben oltre i 67 anni (in prospettiva ben oltre i
70 anni) e con un sistema totalmente contributivo che determinerà
pensioni da fame.
Se non bastasse, il tavolo avviato ieri tra governo e parti sociali
ha annunciato l’ipotesi che chi dovesse optare per l’uscita anticipata
dovrà farlo con un “prestito” con le banche, da rimborsare in 20 anni.
Se passasse questa misura, come si legge dai giornali, i nati tra il
1951 e il 1955 potrebbero avere uno “sconto di pena” di 3 anni,
attraverso una sorta di mutuo che costerebbe però fino al 15%
sull’assegno di pensione.
Oltre al danno la beffa! Prima allungano oltre ogni possibilità l’età
pensionabile, poi bontà loro ti permettono di uscire prima, ma
riducendone ancora il valore e consegnandoti nelle mani delle banche.
Così, si rende la legge Fornero soltanto più “sostenibile” per le
imprese, che hanno tutto l’interesse a espellere dal processo
produttivo, dopo una certa età, lavoratori e lavoratrici poco
“produttivi”, facendone pagare il prezzo a quegli stessi lavoratori e
lavoratrici. Per di più passando attraverso le banche, e così
arricchendole in un momento per loro di crisi dei bilanci (per i
miliardi di investimenti e di prestiti in sofferenza, che hanno
alimentato enormi speculazioni finanziarie o sono stati distribuiti ad
amici e consorterie), dopo che la stessa contro-riforma ha cancellato la
mobilità, spesso usata dalle imprese proprio come accompagnamento alla
pensione.
Dopo le misere 3 ore di sciopero nel 2011, quando la riforma Fornero
fu approvata dal governo Monti, negli attivi unitari interregionali di
dicembre, la CGIL aveva promesso che sulle pensioni avrebbe riaperto un
fronte di mobilitazione. Non ci abbiamo mai creduto, ma comunque anche i
buoni propositi sembrano già finiti! La nota della CGIL sull’incontro
di ieri si spinge fino a dire che “c’è qualche novità positiva”!
Il confronto proseguirà il 23, il 28 e il 30 giugno. Viene proprio il
dubbio che di “positivo” possa esserci soltanto la convocazione di un
tavolo, cioè l’aspirazione della CGIL (mai superata) di fare
concertazione. Anche quando la contropartita è tutta a perdere per i
lavoratori e le lavoratrici e si continua a regalare pace sociale in
cambio di niente. Non fosse poi del tutto evidente che è il Governo
stesso che non vuole davvero la concertazione!
Una linea così da parte della CGIL è inconcludente e destinata soltanto a fallire.
Sindacatoaltracosa
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